A cura di Dott.ssa Francesca Bichiri, Assegnista di Ricerca presso il Dipartimento di giurisprudenza, Unito

Il discorso in tema di prescrizione nel diritto societario deve partire necessariamente dall’analisi dell’art. 2949 c.c., il quale prevede il termine breve di cinque anni per i diritti che dipendono dai rapporti sociali e per l’azione di responsabilità che spetta ai creditori sociali verso gli amministratori.

La ratio della prescrizione breve nel diritto societario trova il suo fondamento nelle esigenze di celerità e speditezza tipiche dei traffici commerciali che mal si adattano alla prescrizione ordinaria decennale propria dei rapporti tra privati (trentennale nel codice civile del 1864 e decennale all’art. 917 del codice del commercio del 1882).

L’ambito applicativo della norma va però precisato sia dal punto di visa soggettivo che oggettivo.

Quanto al primo profilo, si ritiene che la limitazione del termine di prescrizione quinquennale alle società iscritte al registro delle imprese, debba essere interpretata nel senso di escludere l’estensione dell’art. 2949 c.c. alle società semplici nonostante l’iscrizione nella sezione speciale del registro (Cass., 16 febbraio 2012, n. 2286).

Dal punto di vista oggettivo, invece, mentre non suscita alcun dubbio l’applicazione della norma alle azioni di responsabilità esercitate dai creditori sociali nei confronti degli amministratori, attesa l’espressa previsione normativa in tal senso, pone maggiori problemi il generico riferimento ai diritti che dipendono dai rapporti sociali”.

La dottrina tende a definire tali tutti quei rapporti che non sorgerebbero se l’ente non avesse carattere e struttura sociale o si trattasse di un singolo.

Fino alla riforma del 2003, si faceva riferimento a questa disposizione per individuare il termine di prescrizione dell’azione sociale di responsabilità esercitata dalla società per i danni cagionati dagli amministratori e si fissava il dies a quo della decorrenza del termine al momento della cessazione della carica, considerata l’operatività della sospensione per l’azione esercitata dalle persone giuridiche verso i propri amministratori in forza dell’art. 2941, n. 7, c.c

La dottrina della prescrizione dell’azione di responsabilità: quadro normativo

Oggi, l’art. 2393, co. 4, c.c. prevede espressamente il termine di cinque anni e il nodo interpretativo più rilevante riguarda essenzialmente il dies a quo per la decorrenza del termine.

In particolare, la norma citata prevede espressamente che il termine decorra dal momento della cessazione della carica.

Tale data, secondo alcuni, dovrebbe sancire il decorso del termine anche qualora gli effetti dannosi non siano ancora percepibili dal danneggiato ed avrebbe quindi il fine di evitare l’esposizione gli amministratori ad una responsabilità risarcitoria side die, indipendente dalla possibilità giuridica dell’esercizio dell’azione (in deroga, evidentemente, all’art. 2935 c.c.).

Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità non si è espressa in tal senso, laddove, facendo ricorso alla tesi della conoscibilità, ha sancito che “il termine prescrizionale decorre dal momento in cui il danno diventi oggettivamente percepibile all’esterno e cioè si sia manifestato nella sfera patrimoniale della società, non rilevando a tal fine che l’azione di responsabilità abbia natura contrattuale ex art. 2392 c.c., in virtù del rapporto fiduciario intercorrente con l’amministratore (Cass., 04.12.2015, n. 24715).

L’art. 2394, co. 2, invece, stabilisce che l’azione di responsabilità esperibile da parte dei creditori sociali possa essere promossa ove “il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti” (naturalmente, nel termine di cinque anni, ai sensi dell’art. 2949, co. 2, c.c.).

Il ruolo della giurisprudenza nella prescrizione dell’azione di responsabilità

L’orientamento prevalente e pacifico della giurisprudenza applica anche in questo caso la teoria della conoscibilità, laddove si afferma che “l’azione di responsabilità relativa può essere proposta dai creditori sociali … dal momento in cui l’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto, anche senza verifica diretta della contabilità della società, non richiedendosi a tal fine che essa risulti da un bilancio approvato dall’assemblea dei soci”.

Normalmente, tale momento viene presuntivamente fatto coincidere dal momento dell’apertura della procedura concorsuale.

L’onere di superare tale presunzione iuris tantum grava sull’amministratore qualora intenda dimostrare che l’insufficienza del patrimonio sociale potesse essersi manifestata in un momento anteriore (si veda, tra le altre, Cass., 19/06/2019, n. 16505).

Anche il socio (e il terzo) che venga direttamente danneggiato da parte dell’azione degli amministratori, purché il danno non si concretizzi in una conseguenza riflessa della diminuzione patrimoniale subita dalla società a causa dell’operato gestorio, può esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, ai sensi dell’art. 2395 c.c.

Essa si prescrive in cinque anni “dal compimento dell’atto che ha pregiudicato il socio”.

Si ritiene che tale norma debba essere letta insieme all’art. 2947 c.c., così che il termine decorra non dal momento in cui si è tenuta la condotta illecita (sia che si tratti di responsabilità contrattuale che extracontrattuale), ma dal momento in cui si concretizzi l’evento dannoso per il socio (o il terzo) e, se in un momento successivo, da quando diventi concretamente percepibile all’esterno (sul punto, si veda Tribunale Roma, 15/02/2016; Tribunale Milano, 30/04/2001).

Casi specifici in cui si estende la legge

La legge estende poi la legittimazione all’esercizio delle azioni di responsabilità qui variamente richiamate, un tempo al curatore fallimentare ex art. 146 legge fall. e art. 2394 bis c.c., oggi al curatore della liquidazione ex art. 255 Codice della Crisi.

Per quanto l’azione esercitata dal curatore possa dirsi unitaria, il termine di prescrizione decorre diversamente, conformemente ai momenti sopra individuati, a seconda della responsabilità fatta valere (Tribunale Bologna, 12/07/2021, n. 1662).

In aderenza all’indirizzo che si esprime a favore della “conoscibilità”, la Cassazione si è recentemente pronunciata sul decorso del termine di prescrizione in riferimento all’azione di responsabilità esercitata nei confronti dei sindaci, che, similarmente a quella degli amministratori, può configurarsi nei confronti della società, dei creditori sociali, dei soci e dei terzi.

Sul punto, è necessario distinguere tra la violazione dei doveri che rientrano nell’attività di controllo esercitata nei confronti degli amministratori (responsabilità concorrente) e nei diversi ed ulteriori obblighi assegnati agli stessi indipendente da quest’ultima (responsabilità esclusiva).

Quest’ultima ipotesi sussiste ad esempio per la violazione dell’obbligo di verità nelle attestazioni e del segreto d’ufficio, così come tutte le volte in cui la legge impone al collegio di attivarsi e questi rimanga inerte, come avviene per gli adempimenti in caso di cessazione degli amministratori (artt. 2385 e 2386 c.c.).

La responsabilità concorrente invece assume natura di responsabilità solidale per culpa in vigilando, che non sorge per il fatto stesso del danno inferto alla società dall’organo gestorio, ma per non aver esercitato i doveri di controllo secondo i canoni della diligenza professionale, che se rispettati avrebbero potuto impedire il verificarsi dell’evento dannoso.

Tali elementi della responsabilità dovranno quindi essere oggetto di dimostrazione da parte di chi esercita l’azione, non potendo sussistere diversamente una responsabilità solidale in capo ai sindaci per il danno cagionato dagli amministratori.

L’art. 2407 c.c. prevede espressamente tale distinzione e allo tesso tempo estende ai sindaci l’applicabilità delle norme sopra esaminate in quanto compatibili.

Al riguardo, risulta particolarmente interessante una recente pronuncia della Cassazione, con la quale si è precisato che “in tema di prescrizione dell’azione di responsabilità promossa dai creditori sociali, ai sensi dell’art. 2394 c.c., il bilancio costituisce, per la sua specifica funzione, il documento informativo principale sulla situazione della società non solo nei riguardi dei soci, ma
anche dei creditori e dei terzi in genere, onde un bilancio in attivo o in pareggio è idoneo ad offrire un’informazione rassicurante ed affidabile.

Allorché, poi, nonostante la relazione dei sindaci al bilancio, in cui si evidenzi l’inadeguatezza della valutazione di alcune voci, l’assemblea deliberi comunque la distribuzione degli utili ai soci, ai sensi dell’art. 2433 c.c., senza obiezioni, in quella sede, da parte degli organi sociali di gestione e di controllo, l’idoneità, o no, di detta relazione sindacale ad integrare di per se l’elemento della oggettiva percepibilità per i creditori circa la falsità dei risultati attestati dal bilancio sociale rimane oggetto di un apprezzamento di fatto, riservato ai giudice del merito” (Cass., 5/9/2018, n. 21662).

Prescrizione dell’azione di responsabilità: la decorrenza del termine

Rispetto alla disamina proposta in merito alla decorrenza del termine di prescrizione nell’azione di responsabilità, deve ricordarsi che il dies a quo si atteggia diversamente nei rapporti interni tra amministratori e sindaci.

Infatti, è possibile che il danno cagionato alla società, al socio e ai creditori sia in realtà imputabile a più amministratori determinandosi così un’ipotesi di responsabilità solidale, ex art 2392 c.c.

Pertanto, qualora uno degli amministratori venisse chiamato a pagare per l’intero potrebbe esercitare l’azione di regresso nei confronti degli altri membri del consiglio.

Lo stesso dicasi nell’ipotesi in cui l’amministratore subentrante, in violazione ai suoi doveri, non fosse intervenuto a rimediare ai danni cagionati dalla precedente gestione e fosse quindi chiamato a rispondere per i danni cagionati ai legittimi portatori di interesse.

Infatti, in riferimento all’azione sociale di responsabilità degli amministratori, si è osservato come essa possa “aver ad oggetto tanto
il caso in cui si tratti di amministratori che sono stati contemporaneamente in carica, quanto l’ipotesi in cui essi si siano succeduti nella gestione della società.

In tale ultimo caso peraltro occorre, come … con riferimento alla più generale ipotesi di solidarietà prevista dall’art. 2055 c.c.,
che il fatto dannoso sia unico.

L’unicità del fatto dannoso richiesta dall’art. 2055 c.c., per la legittima predicabilità di una responsabilità solidale tra gli autori dell’illecito deve essere intesa in senso non assoluto, ma relativo al danneggiato, ricorrendo, perciò, tale forma di responsabilità pur se il fatto dannoso sia derivato da più azioni o omissioni, dolose o colpose, costituenti fatti illeciti distinti, ed anche diversi, sempreché le singole azioni od omissioni abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione del danno” (Cass., 22/04/2009, n.9619).

Al vincolo di solidarietà degli amministratori, si deve aggiungere quello della responsabilità dei sindaci per il caso della culpa in vigilando sopra esaminato, così come potrebbe essere solidale la responsabilità dei singoli membri del collegio sindacale per la violazione degli obblighi a loro direttamente imputabili (Cass., 14/12/2015 , n. 25178), superabile solamente qualora il sindaco dissenziente abbia fatto annotare il suo dissenso ai sensi dell’art. 2404, co. 4, c.c.

In questo caso, l’azione di regresso potrebbe essere esercitata nei confronti degli altri coobligati solidali solamente nei limiti delle rispettive responsabilità, chiedendosi “espressamente tale accertamento in funzione della ripartizione interna del peso del risarcimento con i corresponsabili”, ritenendosi al contrario irrilevante la diseguale rilevanza causale delle condotte nei rapporti fra danneggiante e danneggiato (Cass., 20/12/2018, n.32930).

Ed allora, nell’ambito dell’azione di regresso, il termine di prescrizione decorrerà dal momento in cui il diritto può essere fatto valere ex art. 2935 c.c. e, quindi, per giurisprudenza costante, dal momento in cui è avvenuto il pagamento poiché solo in questa circostanza sorge la legittimazione ad agire nei confronti dei condebitori solidali.