Una pur breve premessa è senza dubbio necessaria riguardo al Litigation Funding.

Il TPLF – Third Party Litigation Funding è uno strumento di matrice anglosassone che ha lo scopo di fornire a soggetti privati, imprese, società pubbliche, o a enti locali, un supporto economico (in alcune circostanze anche professionale) per un più agevole accesso alla Giustizia.

Questo accesso agevole si concretizza nel mettere a disposizione un fondo dal quale i sopramenzionati soggetti possono attingere per non spostare somme dal proprio budget e concentrarsi sul proprio core business.

È uno strumento molto utile e in rapida diffusione sul territorio e già ampiamente sfruttato all’estero.

Esistono diverse forme per poter attivare il TPLF – Third Party Litigation Funding e, tra le più utilizzate attualmente, vi è la cessione del diritto contenzioso mediante il quale il Fondo mette a disposizione una concordata somma con lo scopo di “supportare economicamente” le spese di lite, di consulenza tecnica e di ogni altra spesa viva per la gestione del contenzioso stesso.

Queste somme per loro natura, sia giuridica che contrattuale, non possono maturare in alcun modo interessi, poiché trasformerebbe il concetto giuridico di fondo in credito, tipico e riservato agli istituti finanziari e creditizi, che poggia le proprie fondamenta su ben altri iter autorizzativi e di applicazione normative.

Inoltre, il beneficiario del fondo destinato alle spese di lite, oltre al vantaggio economico ha anche il vantaggio che in caso di soccombenza, non dovrà restituire alcuna somma poiché sull’accordo di cessione del diritto contenzioso è espressamente indicata la condizione che il Funder si assume anche il rischio di soccombenza – se non si vuole procedere ad ulteriore grado –, definita anche cessione pro-soluto o “non- recourse”.

Litigation funding in rapporto con altri concetti giudici: la legittimazione ad agire

Appurato lo schema generale di funzionamento del Litigation Funding, ci si domanda in quale maniera possa rapportarsi con i concetti giuridici italiani della legittimazione ad agire, sostituzione processuale e sostituzione a titolo particolare nel diritto controverso.

Il principio giuridico della legittimazione ad agirelegitimatio ad causam – statuisce, sinteticamente, la possibilità in capo a un soggetto dell’affermare l’esistenza di un diritto proprio e non già la relativa titolarità del diritto stesso.

Sarà poi il Giudice a confermare o confutare nel merito l’esistenza di tale diritto in capo al “legittimato”.

Questo è quanto emerge dal disposto dell’art. 75 del Codice di Procedura Civile, rubricato Capacità Processuale che così recita:

Sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi si fanno valere.” Chiunque, quindi, può far valere un proprio diritto in giudizio, se ne ha la capacità diretta o, nel caso di persone giuridiche, per mezzo del rappresentante legale e, naturalmente, provandone i fatti a sostegno di detto diritto, ex art. 2697 del Codice Civile, rubricato “Onere della prova

Litigation funding e sostituzione processuale

Appurato il concetto sopramenzionato, pare opportuno soffermarsi brevemente su un altro aspetto.

Un soggetto che intenda avvalersi dello strumento del Litigation Funding deve interfacciarsi con la delicata tematica della Sostituzione Processuale, ex art. 81 c.p.c., che, molto graniticamente, stabilisce che

Fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui.

La sostituzione processuale rappresenta una deroga a tale principio perché dissocia la titolarità dell’azione (legitimatio ad causam, ut supra) dalla titolarità della situazione sostanziale dedotta nel processo e proprio per questo è consentita solo in ipotesi specificamente previste.

Litigation funding in rapporto con altri concetti giuridici: l’accordo di cessione

Ci si domanda, opportunamente, se l’Accordo di Cessione, mediante l’acquisto del diritto contenzioso da parte del Litigation Funder, possa integrare tale fattispecie.

Il Funder, cioè il soggetto che interviene in ausilio del legittimato ad agire, svolge un’attività estranea all’assistenza legale e ben distante dal volersi surrogare nel far valere i propri diritti, bensì mette a disposizione un fondo per le spese del contenzioso e, solo in via residuale, nel caso di specie di LexCapital, l’opportunità di fornire un legale, definito Super Specialista, in qualità di contatto professionale, piuttosto che di assistenza diretta.

È, se vogliamo, la personificazione del fondo come fonte dell’ausilio, il quale non si sostituisce al legittimato, bensì integra una serie di attività volte a garantire un agevole accesso alla giustizia, per molti sempre più difficile e oneroso.

Tuttavia, il termine “cessione” del diritto contenzioso ci riporta al quesito se un soggetto che cede nel pieno delle proprie facoltà il diritto ad agire (legitimatio ad causam) ad altro soggetto, ceda il diritto stesso ad agire, pur assumendosi il rischio economico di soccombenza al pagamento delle spese di lite di parte e di controparte.

Una valida risposta a tale quesito è che il Funder, mediante l’accordo di cessione, si sostituisce formalmente nell’azione processuale ma non nella titolarità del diritto vantato in giudizio, i cui effetti derivanti dalla sentenza, come detto, ricadono sul soggetto sostituito.

Più nello specifico, la Legge prevede che gli effetti della sentenza ricadano sempre sul soggetto “sostituito”, integrando, altresì, il litisconsorzio obbligatorio (art. 102 c.p.c. “Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo”) in cui gli effetti di merito della sentenza si applicano al sostituito, mentre gli effetti economici ricadono sul sostituto, per via dell’accordo di cessione in cui il sostituto assume il rischio economico della soccombenza, rispetto alle spese processuali.

Ligitigation funding: un’importante distinzione

Questo concetto, inoltre, non si confonda con l’azione surrogatoria ex art. 2900 c.c. in cui si prevede che un creditore possa esercitare i diritti altrui a tutela di un interesse proprio.

In questo caso il Funder non vuol far valere un interesse proprio, il quale si limiterà solo, in caso di vittoria in giudizio o di transazione stragiudiziale, a trattenere una percentuale concordata sul valore della causa (o come meglio si usa definire il “petitum”, cioè quanto è il valore economico della Res Litigiosa e, pertanto, quanto è richiesto come ritorno economico dalla violazione di un proprio diritto).

In altre circostanze ci si domanda se il Funder, mediante l’accordo di cessione, stia agendo come sostituto a titolo particolare in un determinato credito o rapporto giuridico.

L’art. 111 c.p.c. ci dà una prima indicazione:

Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie.”

Nell’ipotesi della successione a titolo particolare, l’alienante (parte cedente) agisce o resiste in giudizio non più come legittimato originario bensì come sostituito processuale (art. 81 c.p.c.), continuando a stare in giudizio per un diritto di cui non è più titolare.

Il Fondo, di nuovo, in questo caso non subentra nel diritto controverso, che rappresenta il punto cruciale su cui un soggetto fa valere i propri diritti o ne accerta la propria titolarità, ma subentra nell’azione per la relativa tutela o accertamento, mantenendo il diritto controverso in capo al soggetto cedente.

Diritto contenzioso e diritto controverso sono la stessa cosa?

In definitiva, la domanda da porsi è la seguente: il diritto contenzioso e il diritto controverso sono la stessa cosa?

La risposta è con estrema semplicità un rassicurante: no.

Il Diritto Contenzioso è il diritto ad agire per tutelare i propri diritti (una forma ibrida tra legitimatio ad causam e assistenza legale), che viene ceduto a fronte di un esborso economico (il fondo dedicato alle spese di lite ecc.).

Il Diritto Controverso è invece l’argomento su cui giace una doglianza: è o non è mio un determinato bene? Il Diritto Controverso è capire la corretta titolarità di un diritto e, nel caso di specie, capire se effettivamente un soggetto ha diritto o meno al risarcimento del danno dovuto da un comportamento illecito.

Secondo la lettura dell’art. 81 c.p.c la titolarità di un diritto, mediante accordo di cessione del Diritto Contenzioso, non può, per estensione interpretativa, essere acquisita in questi casi, a meno che non vi sia una traslazione della titolarità del diritto stesso, mediante cessione o vendita, prima del processo o, durante solo nei casi specificamente previsti, come già sopramenzionato all’art. 111 c.p.c.

Nell’attuale lacuna di regolamentazione, gli accordi stipulati con un Litigation Funder rimangono contratti atipici secondo il nostro ordinamento, sulla cui tematica si è espresso il Parlamento Europeo nella «Risoluzione del 13 settembre 2022 recante raccomandazioni alla Commissione sul finanziamento privato responsabile del contenzioso (2020/2130 (INL)).

Il fondo, nell’accordo di cessione, rappresenta uno degli elementi sostanziali e bisogna attendersi che il Giudice intervenga applicando le norme della legittimazione ad agire, trasferendo tale capacità a soggetto terzo, mantenendo gli effetti principali della sentenza di merito in capo al sostituito, mentre gli effetti economici, derivanti dall’accordo tra privati, in capo al “sostituto”, proprio in virtù dell’accordo tra le parti, ex art. 81 c.p.c.