È da un po’ che in Italia si sente parlare di litigation funding.

Si tratta di un istituto arrivato nel nostro Paese negli ultimi anni, che permette ad aziende e cittadini di avere una equo accesso ai sistemi di giustizia, grazie all’investimento di una terza parte.

Ma come avviene esattamente?

Tentiamo di capirne di più.

Litigation funding: un investimento in favore del cliente

Si sbaglierebbe a non ammettere che l’attività di Litigation Funding è in realtà una forma di investimento.

Una forma di investimento, tuttavia, che è rivolta al totale sostegno del cliente: oneri, rischi e costi di un contenzioso legale gravano tutti sulle spalle di chi investe.

Chiamata anche third-party litigation funding – in italiano traducibile come finanziamento del contenzioso– il litigation funding non è altro che un istituto in cui una terza parte decide di investire su un contenzioso legale.

Vicende legali esterne in relazione alle quali la società di litigation funding non nutre alcun interesse.

L’operazione di finanziamento viene realizzata acquistando il diritto litigioso, e mettendo a disposizione del cliente una rete di esperti e legali.

litigation funding: nasce nei Paesi anglosassioni

In Italia il Litigation funding è stato importato in tempi relativamente recenti; ma è un istituto noto in tutti i Paesi che presentano storicamente un sistema di common law.

Parliamo di Usa, Gran Bretagna, Australia e Canada.

Prima di arrivare in Italia, però, aveva già preso piede in Svizzera, Germania e addirittura in Asia

Litigation funding: casi di successo nel mondo

Benché il sapere profano non gli attribuisca molta fama, bisogna riconoscere che grazie al contributo di sistemi basati sull’istituto di litigation funding è stato possibile risolvere alcune controversie di fama mondiale.

Giusto per ricordarne qualcuna:

  • la class action organizzata contro la Volkswagen in merito alla questione del Dieselgate;
  • le controversia degli azionisti nei confronti di Lioids TSB:
  • la vicenda di HBOS e della Royal Bank of Scotland;
  • La sentenza di divorzio nella quale vennero riconosciuti 435 milioni di sterline all’ex moglie dell’oligarca russo Farkhad Akhemedov.
Immagine simbolica giustizia in un articolo sull'istituto del litigation funding.

Come funziona in Italia?

Provenendo da Paesi dove regna un sistema di common Law, ci si chiede se non esistano problemi e discrepanze rispetto al modello giuridico italiano.

Il patto di quota lite vieta a ogni avvocato di percepire un compenso derivante dall’oggetto della propria prestazione, anche se si tratta di una semplice quota.

Ma questo non vale quando è presente un soggetto terzo come intermediario, come nel caso del litigation funding.

Il principio che legittima e sostanzia l’attività di litigation fundin in Italia è quello di autonomia contrattuale, richiamato dal secondo comma dell‘art. 1322 C.C.

Litigation funding: a chi è rivolto?

L’attività di litigation funding è rivolta a svariate categorie di clienti:

  • Imprenditori
  • privati cittadini
  • pubbliche amministrazioni
  • Associazioni

I contenziosi su cui investe sono stragiudiziali e giudiziali, civili e commerciali:

  • controversie commerciali, come violazioni di contratti;
  • azioni di risarcimento per responsabilità extracontrattuali
  • Class action
  • Arbitrati nazionali e internazionali

Il rischio viene sobbarcato sulle spalle del funder.

In caso di vittoria, esso riscuoterà una cifra basata su un calcolo percentuale di quanto ottenuto; laddove si fallisse, non sarà addebitato alcun costo al cliente.

È chiaro, vista la situazione italiana, come questo rappresenti un incentivo a mettersi in gioco: le spese processuali sono il più grande deterrente per chi voglia risolvere una contenzioso in tribunale.

La situazione italiana

È facile capire come chi pratichi attività di litigation funding si presenti, quasi sempre, come un angelo disceso dal cielo fra gli imprenditori in Italia.

Rispetto alla media europea, l’Italia è lo Stato che detiene il record di lungaggini processuali.

I processi, soprattutto quelli civili e commerciali, sono onerosi e farraginosi.

Richiedono costi spesso non sostenibili dal tessuto produttivo delle piccole e medie imprese, messe in ginocchio dal Covid e da crisi energetiche.

L’attività di Litigation Funding è un istituto che consente di unire lo spirito dell’imprenditoria a un atteggiamento di solidarietà e di pari opportunità rispetto ad aziende che, quasi sempre, devono rinunciare a far valere i propri diritti.

Sobbarcare i costi di un processo a un ente terzo permette, inoltre, di risparmiare tempi e energie da investire sul proprio core business.

Come selezionare i processi?

È chiaro che le condizioni assicurate dall’investimento di litigation funding – dove tutti i rischi sono sulle caricati spalle del funder – richiedono un’attenzione scrupolosa circa la selezione della causa legale in cui investire.

Ricorrendo anche a elaborati modelli statistici e matematici, la selezione si basa su criteri che considerano la solvibilità delle parti coinvolte, la probabilità di successo e il ricorso a una banca dati giuridica.

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