Nel nostro ordinamento, l’ostacolo maggiore nello sviluppo del third party litigation funding è stato individuato nella difficilmente prevedibile durata (spesso particolarmente lunga) dei procedimenti, che impedisce di effettuare una probabile valutazione del ritorno dell’investimento.
Tuttavia, questo fenomeno comincia a prendere piede anche nel nostro ordinamento seppur con investimenti che per il momento possono dirsi sporadici e non ancora ben radicati, salvo poche eccezioni.
In particolare, si è rilevato come sul mercato italiano abbiano cominciato a presentarsi nuovi fondi, prettamente nazionali, che hanno rivolto la loro attività all’arbitrato ed al contenzioso interno.
Invero, il contenzioso italiano presenta, al pari di quello di altri ordinamenti, notevoli vantaggi: i costi di causa si presentano relativamente contenuti, fattore che nell’ambito del finanziamento delle liti da parte di terzi risulta di sicuro vantaggio in termini di ritorno dell’investimento.
Antitrust e litigation funding: settore privilegiato
In questo contesto, tra i settori di maggior rilievo per il finanziamento delle liti, è concordemente individuabile la violazione del diritto antitrust e la correlata azione di risarcimento dei danni per due ordini di ragioni.
La prima risiede nei recenti interventi giurisprudenziali e normativi che hanno cambiato la fisionomia del contenzioso antitrust.
Come noto, l’introduzione della legge sulla concorrenza – la l. 10 ottobre 1990, n. 287 – non ha avuto un’incidenza particolarmente elevata in termini di volume di cause.
Al contrario, il vero sviluppo del fenomeno si deve alle sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 20.9.2001, causa n. C453/99, e del 13 luglio 2006, causa n. C-295/04, cui è seguita la Direttiva 2014/104/UE, attuata tramite il D.Lgs. 3/2017, con riguardo alle azioni di risarcimento dei danni per l’attività anticoncorrenziale.
Per lo sviluppo del contenzioso e del third party litigation funding appare particolarmente rilevante il ruolo ora svolto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, competente in materia.
Si è infatti previsto che la decisione emessa dall’Autorità abbia valore vincolante per i giudici nazionali, benché naturalmente soggetta all’impugnazione di fronte al giudice amministrativo.
Prima di tale intervento normativo, la decisione dell’AGCM non poteva che considerarsi un atto amministrativo, liberamente valutabile dal giudice ordinario chiamato a pronunciarsi sulla causa di risarcimento danni, cui spettava, dunque, l’accertamento della condotta illecita con relativo allungamento della durata del procedimento.
Evidentemente, la circostanza che la decisione dell’AGCM, emessa nell’ambito di un procedimento meno complesso e meno costoso rispetto a quello svolto in sede giudiziale, possa avere valore vincolante, rende il contenzioso antitrust particolarmente favorevole per lo sviluppo del fenomeno del third party litigation funding.
Il secondo elemento riguarda la riforma dell’Azione di classe, prevista dal Codice di consumo all’art. 140 bis e profondamente modificata dalla l. 31/2019 che, inserendo nel codice di rito civile il Titolo VIII bis del Libro IV, con gli artt. 840 bis e ss. ha esteso nei procedimenti collettivi la legittimazione attiva altresì a soggetti non consumatori, pur sempre però nell’ambito dell’attività di
impresa, per la tutela dei diritti individuali omogenei lesi da atti o comportamenti posti in essere da imprese o enti gestori di pubblici servizi o di pubblica utilità.
Antitrust: la normativa
La normativa deve naturalmente essere letta insieme con la disciplina antitrust e, in particolare, con le regole relative all’onere della prova che è alleggerito nei casi di cartello antitrust poiché vige un sistema di presunzioni semplici quanto al danno e al nesso di causalità tra questo e la condotta lesiva, pur ammettendosi la prova contraria.
Pur non potendosi rilevare per il momento una rilevante attività di fronte alla AGCM, l’introduzione dell’azione collettiva nel nostro ordinamento ha permesso un embrionale sviluppo del third party litigation funding proprio nelle azioni di classe per il risarcimento dei danni subiti a causa di casi di cartello.
Si possono infatti rilevare sul mercato nazionale l’avvio di azioni collettive per il risarcimento del danno cagionato dalla violazione della normativa antitrust a seguito delle decisioni dell’AGCM dirette dai fondi specializzati nel finanziamento delle liti.
Un caso noto e particolarmente recente è quello della decisione n. 27849 del 2019 dell’AGCM che ha sanzionato numerose imprese per aver “posto in essere un’intesa per oggetto restrittiva della concorrenza contraria all’articolo 101 TFUE, consistente in un’unica e complessa intesa continuata nel tempo volta a distorcere fortemente le dinamiche concorrenziali nel mercato della produzione e
commercializzazione di fogli in cartone ondulato”.
Sono moltissime le imprese coinvolte nella decisione dell’Autorità, che comprende anche alcuni casi di leniency applicant, così come molto elevate sono le sanzioni emesse a carico dei soggetti coinvolti.
È evidente, quindi, il connubio tra il ruolo svolto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e il private enforcement fortemente incentivato dai nuovi mezzi processuali messi a disposizione dalle recenti novelle legislative.
Il risultato è, infatti, un aumento del valore di deterrente dell’azione di risarcimento dei danni che va a rafforzare il provvedimento, finalmente vincolante per il giudice di merito, emesso dall’Autorità amministrativa.
Tutti questi elementi non fanno che confermare il settore antistrust come uno dei più idonei per lo sviluppo del third party litigation funding.